1 febbraio 2010
Omeopatia vs. Medicina
L’ora zero è scoccata alle 10 e 23 di ieri fuso di Greenwich, e fra poco vi spiegheremo come mai anche il numero aveva il suo perché. Alle 10 e 23 dunque, dalla Gran Bretagna all’Australia, dal Canada agli Stati Uniti, 300 entusiasti signori in maglietta corredata da slogan («dentro non c’è niente») hanno messo in scena quel che poteva maledettamente somigliare a un avvelenamento di massa: oplà, un granulo dopo l’altro, hanno inghiottito l’intero contenuto di un flacone di «arsenicum album», rimedio omeopatico a base di arsenico contro l’insonnia e l’intossicazione da cibo. 84 pastiglie in tutto, deglutite fra sorrisi compiaciuti e «yum yum» deliziati. Il loro scopo: dimostrare che non si tratta altro che di confetti allo zucchero, perché secondo loro l’omeopatia è una ciarlatanata e non cura proprio nulla. Se qualche effetto fa, concedono, è dovuto al famoso effetto placebo, ed è cioè questione di suggestione psicologica.
La protesta (finora non risultano ricoveri in ospedale) era rivolta soprattutto a «Boots», la catena britannica di farmacie che vende preparati omeopatici nel reparto riservato ai medicinali. «Loro si fanno scudo della libertà del consumatore - ribadiva un manifestante in un centro commerciale di Southampton - ma se davvero gli stesse a cuore fornirebbero più informazioni su quello che tengono in negozio». Senza contare il dispendio per la comunità: ogni anno, dei 40 milioni di sterline spesi nel Regno Unito per trattamenti omeopatici, pari a circa 50 milioni di euro, un buon dieci per cento è rifuso dal servizio sanitario nazionale. Eppure i principi omeopatici sfidano le leggi scientifiche, ed ecco il perché delle 10 e 23: 6 x 10 alla 23esima è infatti, approssimativamente, la cosiddetta costante di Avogadro, che fissa il numero di molecole contenuto in una mole di sostanza. E siccome uno dei principi basilari dell’omeopatia sta nella diluizione delle sostanze (insieme a quello fondamentale della similitudine, cioè del curare una malattia con la stessa cosa che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nel malato), le leggi della chimica provano che il prodotto finale è così diluito da non contenere neanche una molecola della sostanza di partenza. «Acqua fresca», appunto, come stava scritto sul cartello brandito da uno dei manifestanti. La sua foto è già su «flickr», un sito dove si condividono fotografie con gli iscritti.
Ma la protesta di ieri, lanciata dagli «scettici» della «Merseyside Skeptics Society» di Liverpool, è stata soprattutto il frutto di una caratteristica nazionale britannica particolarmente spiccata e combattiva: il non crederci, il voler sempre andare a sperimentare e a toccare con mano. I nipotini di John Locke e David Hume, i filosofi dell’empirismo, sono arrivati nei centri commerciali con un piccolo accompagnamento musicale e hanno eseguito la loro deglutizione rituale con la solennità di un Edward Jenner che inoculi il vaccino del vaiolo. Prima, tuttavia, hanno rivolto un avvertimento alle macchine da presa che testimoniavano il gesto: «Attenzione, noi sappiamo come farlo e lo facciamo al posto vostro. Voi però non provateci in prima persona». Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.
da: "La Stampa"
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